Riforma banche popolari. Movimento Consumatori: la trasformazione in s.p.a. non comportera’ un maggiore accesso al credito per le famiglie e le piccole medie imprese

 

Movimento Consumatori esprime forti perplessità sulla trasformazione per legge delle banche popolari in S.p.A. e sullo strumento del decreto legge scelto dal Governo. La filosofia di fondo del decreto è chiara: l’eliminazione del principio democratico del voto capitario (una testa un voto) dovrebbe consentire l’apporto di nuove risorse finanziarie da parte degli investitori istituzionali e agevolare quei processi di aggregazione necessari per rendere maggiormente competitivo il sistema creditizio italiano e favorire l’ accesso al credito. Si tratta di un intervento che non potrà che portare nuove concentrazioni sul mercato creditizio e quindi alla creazione di banche sempre più grandi.

“La crisi finanziaria scoppiata nel 2008 – afferma  Paolo Fiorio, coordinatore dell’Osservatorio Credito & Risparmio di Movimento Consumatori – ha messo a nudo tutti i problemi legati alle dimensioni, sempre crescenti, delle banche. I conglomerati finanziari da troppo grossi per fallire (too big to fail) sono diventati troppo grossi per essere salvati (to big to save) e per essere correttamente gestiti. La storia di questi ultimi anni ha messo in evidenza che ai processi di concentrazione delle banche non è mai conseguita un’apertura dei rubinetti del credito per le famiglie e per le piccole e medie imprese”. “Per consentire migliori condizioni di accesso al credito – dice Alessandro Mostaccio, segretario generale di Movimento Consumatori – è necessario invertire la direzione di marcia e andare verso la divisione tra banche commerciali e banche di investimento. I depositi dei piccoli risparmiatori non devono essere infatti utilizzati per operazioni di speculazione finanziaria, ma per erogare in maniera efficiente il credito. In questi anni di stretta creditizia proprio le banche più piccole, spesso del territorio, sono quelle che hanno più facilmente concesso il credito.

“La decretazione d’urgenza – conclude Mostaccio – non è, infine, lo strumento adeguato. Il decreto, del tutto sprovvisto del requisito dell’urgenza, limita dall’alto l’autonomia statutaria delle imprese e avrebbe quanto meno richiesto un percorso parlamentare più meditato, anche per trovare soluzioni più appropriate per coniugare la trasparenza nella governance delle popolari e strumenti per implementare effettivamente l’accesso al credito”.